Maria Paola Gaglione aveva 18 anni e amava Ciro, nato in un corpo femminile che non lo rappresenta, che non sente suo. Maria Paola è morta a Caivano, nel Napoletano, in un incidente che sarebbe stato provocato dal fratello Michele mentre inseguiva in moto i due fidanzati, entrambi in sella ad uno scooter. E’ stato arrestato con l’accusa di omicidio preterintenzionale. In base alle prime ricostruzioni, sembra che volesse dare una lezione alla sorella perché non accettava quella relazione fuori dai canoni tradizionali, poco consona alla tranquillizzante “normalità”. Un episodio di cronaca che ha portato di nuovo sotto i riflettori l’intolleranza, la discriminazione e l’odio che è costretto a subire chi ha orientamenti sessuali “diversi” e identità di genere non conformi. Persone non trattate come tali, nell’anno 2020 ancora obiettivi di bullismo e derisione.

Inizia da qui la mia chiacchierata con Roberta Mesiti, presidente della sede Agedo di Frosinone. Agedo vuol dire associazione genitori di omosessuali, un’onlus nazionale formata da familiari di persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) fondata nel 1993, oggi presente in trenta città italiane. A Frosinone è operativa dal 2019.
Come si può commentare una storia così orribile?
Una tragedia consumata in ambito familiare che evidenzia due scenari: una cultura patriarcale dove l’uomo si sente in diritto di intervenire pesantemente nella vita di una sorella per correggerla e, strettamente collegato, un atto di transfobia neanche ben codificato. In questi casi non bisogna puntare il dito, ma porsi delle domande. Quanto ci si confronta in famiglia? Quanto si ha voglia di ascoltare i propri familiari? E che tipo di informazione arriva quando si parla di Lgbt? Un discorso fondamentale che riguarda media e istituzioni. Il fratello di Maria Paola avrebbe detto che la sorella “era infettata” da Ciro, una dichiarazione che rimanda ad una patologia scientificamente inesistente. E’ importante quindi l’informazione corretta, ma anche la formazione promossa dalle istituzioni, attraverso buone prassi, per prevenire questa cultura della discriminazione.
Cosa fa Agedo, in concreto, per chi si rivolge alla vostra associazione?
Offriamo servizi gratuiti e su base volontaria a chi si mette in contatto con noi. Servizi che partono dall’ ascolto telefonico non appena arriva la richiesta di sostegno, seguito da incontri con i volontari e proseguendo un percorso a seconda delle necessità e delle esigenze di chi ci contatta.

Chi si rivolge a voi?
La nostra utenza è formata da genitori, ragazze e ragazzi. I primi ci chiamano perché si sentono impreparati di fronte ad un coming out (quando i figli dichiarano la propria omosessualità, ndr) che spesso arriva inaspettato e vogliono sapere come gestire la situazione. I ragazzi e le ragazze chiedono sostegno quando dopo il coming out non vengono accettati, per capire come debbono comportarsi con i familiari.
Quali obiettivi si prefigge Agedo e in quali contesti opera?
I nostri obiettivi sono il dialogo, perché in famiglia bisogna parlarne, e reperire informazioni scientifiche. Ed ancora la formazione per i volontari perché chi interviene deve essere competente. Collaboriamo inoltre con le istituzioni attraverso progetti nella scuola. Raccontiamo le nostre esperienze e offriamo un altro punto di vista, soprattutto per contrastare il bullismo. Facciamo formazione anche in ambiti lavorativi e a livello nazionale siamo impegnati in tavoli consultivi con diverse realtà istituzionali tra cui il Miur.
Un altro fronte caldo è quello legislativo. Da tempo si attende una legge contro l’omotransfobia, da poco approdata alla Camera e proposta dal deputato Alessandro Zan. Sarà la volta buona?
Questo è uno snodo fondamentale perché contempla il riconoscimento normativo e un importante lavoro sulla cultura, aspetti che non vanno scissi. L’iter è lungo e complesso e noi lo seguiamo con attenzione.
Agedo è nata nel 1993. Dopo tanti anni possiamo dire che qualche passo avanti è stato fatto o ci sono ancora troppe sacche di arretratezza?
Passi in avanti ci sono stati, anche se quando ci arrivano notizie come quelle di Caivano ci dobbiamo interrogare, perché sono realtà sommerse che emergono in modo tragico. E’ stata fatta molta fatica per approvare, nel 2016, la legge sulle unioni civili che ha dato dignità a quelle che sono semplicemente coppie. Ma le questioni aperte ci sono ancora, come ad esempio l’omogenitorialità di cui la politica finora non ha voluto farsi carico. Ma deve farlo, perché parliamo di persone e di figli.