
Da oltre 120 anni è custodito nel convento delle Suore Cistercensi di Anagni, posizionato al centro del Coro dove le religiose si raccolgono in preghiera. Autorevole, con la mano destra benedicente, i paramenti sacri oro e rosso e il pastorale impugnato.
E’ qui, in una delle sale della clausura di Palazzo Bonifacio VIII, che il patrono di Anagni, San Magno, raffigurato mentre siede su un trono (foto in alto), si trova praticamente in esilio da quando fu rifiutato dal popolo, con una vera e propria rivolta, alla sua prima (ed ultima) uscita in processione.
Una processione che, quel 18 agosto presumibilmente del 1901, rientrò in tutta fretta in Cattedrale, senza terminare il percorso, a causa della inaspettata e furiosa reazione degli anagnini che arrivarono, così tramanda la storia (o la leggenda), ad accogliere la statua di San Magno a pomodorate e cocomerate.
Una statua nuova, voluta dal vescovo Antonio Sardi, realizzata in cartapesta e a corpo intero da artigiani di Lecce, che avrebbe dovuto sostituire i busti di San Magno e San Pietro da Salerno (anch’egli patrono di Anagni ed edificatore della Cattedrale) ritenuti ormai obsoleti.

La novità, però, non piacque affatto ai cittadini. Che gridarono allo scandalo, colpirono San Magno, inveirono contro chi aveva deciso di mandare in soffitta i consueti busti e costrinsero il corteo a riparare in chiesa con la statua nuova di zecca, successivamente affidata alle Suore Cistercensi.
I motivi di tanta ribellione non sono mai stati chiari, possono solo essere ipotizzati: affezione verso i tradizionali busti, l’esclusione di San Pietro, difficoltà ad accettare i cambiamenti. Certo è che la vicenda aprì anche una ferita all’interno del clero, data la contrarietà degli stessi canonici alla scelta effettuata dal Vescovo, appena arrivato ad Anagni dall’Abruzzo con uno spirito innovativo evidentemente poco apprezzato.
In questa storia, comunque, trova spazio anche il pentimento degli anagnini. Il giorno dopo la processione contestata, la città venne colpita da una violenta grandinata che distrusse tutti i raccolti, evento che, interpretato come una punizione da parte del Santo Patrono, convinse i cittadini a correre in Cattedrale per chiedere perdono.

La nuova statua, in ogni caso, non fu mai più portata in processione e a tutt’oggi è depositata all’interno del Palazzo di Bonifacio VIII, sconosciuta o quasi agli anagnini. Nei prossimi giorni, però, si potrà vedere in occasione dell’apertura straordinaria del Coro al pubblico concessa dalle Suore Cistercensi, guidate dalla Madre generale Suor Patrizia Piva.
Sono programmate, infatti, visite guidate alla statua di San Magno in trono nei giorni 16 e 17 agosto, curate dal professore Tommaso Cecilia dell’Istituto di storia e di arte del Lazio Meridionale, che molto ha scritto sulla storia della processione patronale.
Con l’iniziativa, che fa parte degli eventi correlati alla mostra “Regula non bullata 1221 – 2021” in corso nel Palazzo di Bonifacio VIII per celebrare gli 800 anni della Regola Francescana, sarà possibile – per la prima volta dopo oltre un secolo – vedere da vicino la statua del patrono ripudiata dagli anagnini.