Occupazione e industria Frosinone maglia nera

(di Arnaldo Bonanni)

Disoccupazione e deindustrializzazione, un binomio strettamente collegato nella maggior parte dei territori interessati da un massiccio insediamento di industrie impiantate in breve tempo. La provincia di Frosinone è una di queste aree poco felici anche se cinque decenni fa, nella fase ascendente del processo di industrializzazione, sembrava proiettata verso un futuro di ricchezza e benessere. Non è andata così come purtroppo sanno le migliaia di lavoratori ciociari che hanno perso il posto nei periodi più bui delle varie crisi che hanno investito il nostro Paese dalla fine del “boom” economico dei Sessanta ai nostri giorni, l’ultima delle quali (forse la peggiore in assoluto) iniziata nel 2008. Oggi il Consorzio Industriale frusinate, articolato in 4 agglomerazioni, vede nell’agglomerato industriale del Capoluogo 588 aziende insediate e 36 dismesse; in quello di Anagni 161 aziende insediate, 3 dismesse; in quello di Ceprano 53 aziende insediate, 2 dismesse; in quello di Sora-Isola Liri 182 aziende insediate, 3 dismesse. Sono 44, pertanto, gli stabilimenti che hanno cessato definitivamente la produzione. E altri rischiano la stessa fine.

Per comprendere le dimensioni di un fenomeno apparso inarrestabile fino a pochi anni fa, ma che nell’ultimo triennio sembra mostrare una piccola positiva inversione di tendenza, è necessario fare ricorso ai numeri. Significativi, in proposito, sono due “report” pubblicati dal Centro Studi “Impresa Lavoro” e del Sole 24 Ore diffusi alla fine dello scorso anno. Il primo riguarda lo stato dell’occupazione in Italia tra il 2016 e il 2017 ed è stato realizzato sull’elaborazione di dati dell’Istat, analizzando la situazione di 99 province italiane.

I dati generali dicono che dal 2016 al 2017 il numero degli occupati in Italia è passato da 22.757.838 a 23.022.959, con un aumento di 265.121 unità (+1,2%). Una crescita che non è però distribuita in modo equilibrato e uniforme sul territorio nazionale. Sempre nell’ambito dei grandi numeri, il “report” evidenzia che, rispetto all’anno precedente, nel 2017 l’occupazione è aumentata in 57 province ed è diminuita nelle altre 42. Restringendo il focus al Centro Italia e in particolare al Lazio emerge che la provincia di Frosinone registra il dato peggiore nell’occupazione, con 4.027 unità in meno rispetto al 2016. Seguono Viterbo e Rieti, che hanno perso rispettivamente 490 e 242 unità, mentre nel biennio 2016/2017 possono gioire soltanto le province di Roma e Latina, la prima con 36.224 occupati in più, la seconda con 10.279.

Non sarebbe difficile commentare le fredde cifre estrapolate dal Centro Studi “Impresa Lavoro” affermando che la nostra provincia, oltre a essere l’ultima del Lazio, mostra un quadro ancora a tinte fosche. Ma non basta. La Ciociaria risulta fra le peggiori delle 99 province italiane prese in esame. Soltanto Forlì, Cesena, Lecce, Lucca e Ancona la scavalcano sui dati negativi dell’occupazione. E non può consolare il fatto che quella di Frosinone sia la prima a livello nazionale per il calo della Cassa integrazione. Infatti, spesso alla Cig seguono i licenziamenti, come è già accaduto in tante aziende.

Le proposte per uscire dalla crisi e aumentare l’occupazione

In un contesto del genere, diventa un imperativo categorico arginare l’emorragia di posti di lavoro, che altrove è stata comunque frenata. Il segretario regionale della Cisl, Enrico Coppotelli, rivendica il ruolo del suo sindacato nell’approvazione dell’Accordo quadro per gli ammortizzatori sociali relativi all’Area di Crisi industriale Complessa siglato da Regione Lazio e organizzazioni sindacali. Accordo che ha permesso di garantire la sopravvivenza economica dei lavoratori rientrati nella mobilità in deroga nel Nord della nostra provincia e che la Cisl ritiene fondamentale per il sostegno al reddito. Anche se lo stesso Coppotelli in proposito ha dichiarato: <La nostra azione non si è esaurita con il perfezionamento di questo importante accordo, ma si rivolge a tutti coloro che in Ciociaria non hanno potuto beneficiare di alcuna forma di sostegno al reddito. Stiamo individuando percorsi in grado di includere nuovamente tutti i lavoratori disoccupati, in particolare quelli del Sorano e del Cassinate. La Cisl ha fatto suonare più volte la sirena per dirigere il comparto produttivo verso il 4.0; ha accolto la proposta degli Stati generali della provincia di Frosinone; ha prospettato il Manifesto dell’Attrattività territoriale; ha rivendicato accordi che restituissero dignità a lavoratori ed ex lavoratori coniugando le politiche attive e passive del lavoro con i tirocini extracurricolari per i percettori di mobilità in deroga nelle aziende e negli enti locali, ma anche per gli Over 60. Ma non ci siamo fermati qui – conclude il segretario regionale della Cisl – Per arginare la crisi del lavoro la nostra organizzazione sindacale ha partecipato alla costruzione delle Reti di Protezione sociale con i quattro Distretti socio-assistenziali e sanitari, attraverso la contrattazione dei Piani sociali di Zona grazie ai quali vengono realizzate le politiche inclusive prima con il Sia. Ovvero il Sostegno per l’Inclusione attiva e adesso con il Rei, il Reddito di Inserimento. Ma per dare un concreto sviluppo al nostro territorio bisogna andare oltre e realizzare una crescita sostenibile, equilibrata e inclusiva soprattutto dei giovani, i più colpiti dalla disoccupazione. Non dimentichiamo, infatti, che la condizione giovanile nella nostra provincia è preoccupante, con quasi il 50% dei ragazzi e ragazze tra i 15 e i 29 anni in cerca di un lavoro. Mentre sono addirittura il 24,4% quelli che non studiano e non lavorano>.

C’è invece chi propone, come il consigliere provinciale e comunale del capoluogo Danilo Magliocchetti, la creazione di una “Task force regionale per l’occupazione”, incaricata di affrontare le vertenze e i tavoli di crisi in atto soprattutto nell’Area di Crisi industriale complessa del Frusinate. <Si tratta di un organismo – spiega il rappresentante di Forza Italia – dotato di competenze e professionalità, che dovrà realizzare una innovativa e indispensabile azione di raccordo permanente tra Istituzioni regionali, Province, Invitalia, Ministeri, sindacati e organizzazioni di categoria, specificamente mirata ad arginare le crisi aziendali>.

La soluzione avanzata da Magliocchetti potrebbe funzionare anche perché, come abbiamo detto, nel Lazio sembra in atto un piccolo boom economico collegato crescita delle province romana e pontina, che hanno fatto registrare 189mila e 15mila posti di lavoro in più rispetto al 2008 nel biennio 2016/17. Numeri senza dubbio significativi, che hanno suscitato il commento più che ottimistico del presidente Nicola Zingaretti: <Il Lazio è la prima regione in Italia per la crescita dell’economia. A trainare lo sviluppo e il lavoro sono soprattutto le province di Roma (prima in Italia), di Latina e di Viterbo.Finalmente la nostra Regione non è più un esempio negativo, ma addirittura protagonista della rigenerazione italiana>.

Senza voler confutare il valore di certe cifre, ci sembra un po’ troppo trionfalistico il tono usato dal governatore laziale. Soprattutto se confrontato con la situazione occupazionale di un’area economicamente strategica per la provincia di Frosinone e dell’intera regione, il Cassinate. I Centri per l’Impiego di Cassino, infatti, dicono che nella Fca, l’azienda più grande del territorio, e nel suo indotto i posti di lavoro non crescono. Anzi, i 532 dipendenti rimasti fuori dallo stabilimento ex Fiat nell’ottobre scorso sono la punta di un pauroso iceberg. Lo confermano i dati dei citati Cpi, ma anche la ricerca del Sole 24 Ore, che attribuisce alla Ciociaria un -2,2% per l’occupazione nel biennio già indicato. Il quotidiano economico ha esaminato la situazione delle province caratterizzate dalle Aree di crisi complessa, fra le quali non manca la Ciociaria.

In proposito, nei 32 Comuni che fanno riferimento al Centro per l’impiego di Cassino si contano 35mila disoccupati, su una popolazione di circa 100mila abitanti. Quindi, un terzo degli abitanti non ha un lavoro. Antonio Massaro, responsabile dell’ufficio, spiega il perché dell’aumento dei disoccupati nel Cassinate e delle aziende, anche quelle che avrebbero bisogno, che non assumono per i costi sono troppo alti.

<E’ un problema territoriale estremamente grave a causa soprattutto della crisi dell’indotto Fca – afferma Massaro – Dietro agli oltre 500 lavoratori che qualche mese fa non si sono visti rinnovare il contratto e che adesso sono confluiti in un bacino al quale l’azienda dovrà attingere per le nuove assunzioni, ci sono circa duemila dipendenti delle aziende che ruotano intorno allo stabilimento automobilistico di Piedimonte San Germano, che si sono ritrovati anche loro senza una occupazione. Sono le cosiddette ditte “satellite”, che nel bene e nel male risentono di quanto avviene nell’universo Fca e nell’ultimo biennio hanno perso numerosi posti>.

 Nonostante qualche segnale di ripresa per lo stabilimento Fca, con la conferma dei 300 dipendenti ai quali sarebbe scaduto il contratto in questo mese di gennaio, il responsabile del Centro per l’Impiego di Cassino non vede prospettive rosee per il futuro: <Il problema non è soltanto del territorio e delle nostre aziende – aggiunge – ma dell’Italia intera. Gli imprenditori si lamentano perchè non ci sono incentivi, non c’è un programma occupazionale o di norme che li sostengano. E se qualcuno ha bisogno di assumere non lo fa, perché i costi sono elevatissimi>.

La provincia di Frosinone Area di Crisi Complessa

Altri numeri che confermano questa analisi sono quelli pubblicati dal quotidiano economico Il Sole 24 Ore. Dicono che nel 2007 il tasso di occupazione nella nostra provincia era del 50,9%. Nel 2017 è sceso al 48,7% con una differenza di oltre due punti. Invece, sempre nel decennio 2007-2017, è aumentato l’export, passato dai 2,5 miliardi di dodici anni fa a 7,4. Mentre le province italiane riconosciute dal Governo come Area di Crisi complessa sono 19, fra le quali ovviamente quella ciociara. L’analisi pubblicata dal quotidiano del Nord fa risaltare la mancanza di crescita in 15 di queste province, compresa Frosinone. Nelle altre 4, la percentuale maggiore del tasso di occupazione è stata registrata nell’Area di crisi complessa di Venezia-Porto Marghera.

I dati del Sole 24 Ore sono stati esaminati e commentati dal presidente di Unindustria Frosinone Giovanni Turriziani, il quale non molto tempo fa rilasciò questa dichiarazione alla stampa: <La nostra economia attualmente viene trainata dai settori farmaceutico e dell’industria automobilistica, entrambi protagonisti della crescita relativa all’export. Riguardo al tasso occupazionale in calo, dopo la “Call for proposals” con la quale vengono invitate le aziende a presentare le loro proposte, sono state ritenute idonee 19 manifestazioni d’interesse, che in prospettiva potrebbero creare da sole circa 500 nuovi posti di lavoro in diversi settori>.

Un’altra ricetta contro la disoccupazione la suggerisce la Ugl, che addirittura propone il ritorno della Ciociaria nella ex Cassa per il Mezzogiorno. L’idea viene esposta dal segretario provinciale del sindacato Enzo Valente, il quale critica il limiti di un sistema <che non produce né lavoro né benessere>. Anche Valente prende in esame i numeri dell’Istat elaborati dal Centro Studi Impresa Lavoro e li commenta così: <Il dato relativo alla disoccupazione in provincia di Frosinone, dove si sono persi oltre 4mila posti in un anno, confermano come il nostro territorio sia molto più simile alle caratteristiche del Sud che del Centro-Nord. La ripresa, per quanto se ne dica, non c’è stata affatto. E se quella nazionale in questi ultimi anni è un riflesso europeo, a Frosinone non arriva neppure quello. Infatti – rimarca il segretario della Ugl –  la maggior parte dei posti di lavoro creati in pochi anni come risultato della deregolamentazione attuata dalle ultime riforme, sono di poche ore, a chiamata, a tempo determinato e producono buste paga da fame. Soltanto quando ci sarà una crescita che si avvicina al 2% si avranno posti di lavoro effettivi. Al di sotto di questa soglia si tratta soltanto di ricambio generazionale e precariato. L’Italia del dopo crisi non si è mai minimamente avvicinata al dato di crescita del prodotto interno lordo. In provincia di Frosinone uno dei settori ancora trainanti, quello farmaceutico, offre risvolti occupazionali bassi essendo un comparto ad altissima incidenza tecnologica che richiede poca manodopera. In futuro – prosegue Valente – sarà così anche per altri comparti a causa della robotizzazione, dell’informatizzazione, della digitalizzazione: ovvero la quarta Rivoluzione industriale destinata ad espellere sempre più lavoratori dal ciclo produttivo>. Dunque, secondo il segretario provinciale del sindacato <bisogna riflettere sul nuovo sistema di welfare, una situazione che va affrontata in modo differente rispetto alle ricette messe in campo negli ultimi anni, che non portano soluzioni positive>. Da qui la proposta di Valente che potremmo definire clamorosa: <E’ necessario impegnarsi da subito per riportare la provincia di Frosinone nella ex Cassa del Mezzogiorno. Gli indicatori economici ci accomunano inevitabilmente alle province del Sud, pertanto è anche giusto che possiamo usufruire degli stessi benefici e delle stesse opportunità>.

In tale ambito, tornando alla ricerca di “Impresa Lavoro”, questa indica che nel Mezzogiorno abbondano le province con un saldo occupazionale negativo rispetto agli anni pre-crisi. Particolarmente significativi i dati di Palermo (-39.526), Barletta-Andria-Trani più Bari e Foggia (-38.607), Messina (-32.350), Cosenza (-26.849), Lecce (-25.891) e Napoli (-25.693). Appare molto negativa anche la performance delle province sarde aggregate, che insieme perdono 43.734 posti di lavoro rispetto al 2007. E mentre al Nord quelle con il peggiore saldo occupazionale sono Genova (-14.069), Udine (-11.627), Imperia (-10.705) e Rovigo (-10.018), al Centro spiccano Ancona (-14.089), Pesaro Urbino (-10.718) e purtroppo Frosinone (-9.495).

L’ex Casmez diventerebbe quindi un toccasana per le nostre industrie? Difficile prevederlo in un contesto economico profondamente trasformato rispetto agli anni Cinquanta-Sessanta, quando la Cassa del Mezzogiorno risollevò il territorio ciociaro (anche creando parecchie cattedrali nel deserto). Ma, vista la persistenza dell’attuale congiuntura, la soluzione indicata da Valente potrebbe anche funzionare. In altre parole, tentar non nuoce.

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