Un campione indimenticato che ha fatto sognare gli appassionati di ciclismo tra gli anni Trenta e Cinquanta, vincendo tre Giri di Italia e due Tour de France e aggiudicandosi più volte corse importantissime come la Milano – Sanremo e il Giro di Lombardia. Gino Bartali, soprannominato Ginettaccio, scomparso nel 2000 a Firenze, in questi giorni avrebbe compiuto 105 anni (è nato a Ponte a Ema, in Toscana, il 18 luglio 1914). Una ricorrenza non passata inosservata, a conferma di quanto sia ancora vivo il ricordo di uno sportivo che correva con forza e sacrificio in un periodo storico affatto facile. Grande avversario di un altro campione, Fausto Coppi, dal 2013 Bartali è stato dichiarato “Giusto tra le nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell’olocausto, per la sua attività a favore degli ebrei durante la seconda guerra mondiale.
Parlo di lui con la nipote Gioia Bartali, che tiene alta la memoria del famoso nonno non solo correndo in bicicletta come lui indossando la sua maglia del Tour de France del 1952, ma soprattutto ricordandolo in occasione degli eventi che si promuovono in onore del ciclista. Per un gioco del destino, Gioia Bartali vive a Montegranaro, paese di Michele Gismondi, gregario di Coppi. (Nella foto in alto Gioia Bartali con nonno Gino e nonna Adriana)
Gino Bartali in corsa La famosa immagine di Bartali e Coppi che si passano l’acqua
Che ricordi ha di Gino Bartali come nonno?
Sono gli unici che ho perché non ho avuto il privilegio di conoscerlo quando correva e di viverlo come memoria perché era una persona molto riservata. Quando è scomparso io avevo 30 anni ed ho degli spaccati di vissuto molto belli, delle serene situazioni familiari quando c’era perché lui era sempre molto impegnato e non era sempre presente in casa. Era spesso in giro, negli allenamenti e nelle corse quando era professionista e poi nella seconda fase della sua vita ha continuato a viaggiare. Era sempre sponsor di qualcosa, lo invitavano agli eventi e sono stati davvero tanti perché ogni tanto mi arrivano testimonianze in tal senso.
Quest’anno agli esami di maturità una traccia, per la prova scritta di italiano, riguardava proprio Gino Bartali. Un’occasione per farlo conoscere anche ai più giovani.
Negli ultimi anni sono usciti molti testi che lo riguardano e questo ha favorito l’approccio scolastico. Quest’anno è stato il massimo e quello che si è voluto trattare non è stato tanto l’aspetto di Gino Bartali, ma piuttosto si è voluto proporre una riflessione ai ragazzi di come un personaggio sportivo possa collegarsi a più contesti sociali, alla luce di quella che è stata la sua storia nel periodo della guerra.
Si riferisce all’impegno sociale a favore degli ebrei. Un altro aspetto importante della vita di Bartali, che ha sempre tenuto nascosto.
E’ stata una scoperta per tutti. Mio padre (Andrea, figlio maggiore del ciclista, ndr) conosceva la storia perché lui gliela aveva raccontata durante un viaggio, ma con la raccomandazione di non dirlo a nessuno, perché lui era molto riservato e, soprattutto, era un uomo umile. Non ha voluto alcun riconoscimento o premi legati a questo perché voleva essere ricordato solo come un grande campione sportivo. A me un giorno disse che di lui si sarebbe parlato più da morto che da vivo, in quel momento non ho messo a fuoco, poi ho capito. Lui ha vissuto una vita davvero esemplare e lo ha fatto per scelta perché era molto cattolico, devoto alla Madonna e all’Ordine del Carmelo. Con questo Ordine aveva preso i voti a 21 anni e ha chiesto di essere seppellito solo con il mantello dell’Ordine carmelitano. In questo percorso di fede che ha fatto, legato soprattutto alla prematura scomparsa del fratello che morì in corsa (Giulio Bartali, morto nel 1936 a soli 20 anni, ndr) credo che lui abbia fatto proprio una promessa di vita. Infatti disse una frase molto bella, affermando che aveva voluto fare le cose per bene per la promessa fatta e che la Madonna lo aveva aiutato a non farlo sbagliare. Ed è bello ricordare anche che molti dei trofei che lui ha vinto sono stati portati nelle chiese, sia come gesto di ringraziamento perché ha ritrovato la forza di risalire in bicicletta dopo la morte del fratello grazie alla fede, sia per raggiungere in qualche modo proprio suo fratello. E nel Museo della Memoria che si trova nel Vescovado di Assisi, l’anno scorso in occasione della partenza del Giro di Italia, io e mia sorella Stella abbiamo voluto portare la cappellina che il nonno aveva in casa dedicata alla sua Santa prediletta, Santa Teresina del Bambin Gesù. Questa cappellina, consacrata dal cardinale Elia Dalla Costa, è nata nel 1937 dopo la scomparsa del fratello Giulio, è dedicata a lui e c’è un’incisione sul lumino di mio nonno.
Gioia Bartali con il padre Andrea
Di questo impegno sociale e di altri aspetti ha parlato molto suo padre nel bellissimo libro “Gino Bartali, il mio papà”.
Ha scritto questo libro come un regalo per il suo papà, che ha sempre accompagnato e sostenuto anche se non ha seguito le sue orme perché mio nonno non incoraggiava figli e nipoti a salire in bicicletta per il motivo che per lui è stato davvero dura. Correre ai suoi tempi non era facile, lui ha subìto un po’ di tutto, anche un’aggressione al Tour de France. Quando nonno è scomparso, in un certo senso papà lo ha sostituito, nell’ambiente era una persona benvoluta da tutti e sempre disponibile.
C’è poi la famosa rivalità con Coppi. Voi Bartali siete in contatto con i familiari di Coppi?
Come no. Quest’anno ho conosciuto sia Marina che Faustino e con Faustino siamo stati anche ospiti di una trasmissione in Rai con Caterina Balivo.

Ma questa rivalità era vera o è una leggenda?
Dal punto di vista sportivo sicuramente c’era sicuramente, correvano per due squadre diverse e ovviamente la rivalità esisteva, testimoniata da molti episodi. Quello che noi sappiamo è quello che ha raccontato la stampa, che mio nonno non amava molto. Si arrabbiava se venivano scritte non vere, una volta inventarono persino che fosse morto in un incidente e scrisse subito un telegramma a mia nonna per tranquillizzarla. La stampa ha giocato molto su questa rivalità perché Bartali e Coppi facevano notizia e questo non ha fatto che incitare i loro tifosi.
C’è una figura molto importante nella vita di Gino Bartali, quella della moglie Adriana, scomparsa nel 2014.
Con lei aveva un legame strettissimo e io parlo sempre anche di mia nonna perchè lui non sarebbe stato quello che è stato senza di lei. Nonna Adriana è stata una donna molto umile, sempre dietro mio nonno. Lui in casa era molto carino con lei, la chiamava Adrianina e si metteva a sua disposizione per tutto, anche per fare la spesa. Il loro è stato un amore meraviglioso. Una volta mia nonna mi disse che quando andava a dormire sentiva il nonno respirare.