Il suo principale cruccio era quello di non essere considerato abbastanza nel suo paese, Anagni. Lui che aveva installato opere in tutto il mondo, ricevendo apprezzamenti ovunque, guadagnandosi anche l’appellativo di “scultore del Papa” per aver realizzato lavori per Paolo VI e Giovanni Paolo II come le porte della Biblioteca e dell’Archivio del Vaticano, il cofanetto per le chiavi delle Porte Sante, le monete della città del Vaticano e molto altro. Lui era Tommaso Gismondi, uno dei più grandi scultori del XX secolo, nato il 28 agosto 1906 e scomparso il 26 aprile 2003. Nemo profheta in patria, ripeteva spesso. Lo diceva con amarezza, ma aveva anche un carattere – per molti, un caratteraccio – che gli permetteva di infischiarsene.

Ho conosciuto Tommaso Gismondi quando lavoravo per il quotidiano “Il Tempo”, si faceva intervistare volentieri, e per gli anni a venire sono andata spesso a trovarlo nel suo laboratorio-museo a ridosso della Basilica Cattedrale di Anagni, nell’angolo che ora è intitolato a lui, dove la nipote Valentina continua a tenere viva la memoria del famoso nonno, ma anche della mamma Donata, figlia dello scultore e sua unica allieva, che ha avuto la fortuna di ereditarne i geni artistici. Ho molti ricordi di Donatella (così era chiamata da tutti) e del padre. Le piacevoli chiacchierate in mezzo ai bozzetti dei bronzi plasmati da Tommaso con indosso il grembiule azzurro, la risata genuina di Donatella quando il padre sparava qualche parolaccia, i racconti dello scultore sulla sua vita intensa, gran parte trascorsa in Argentina prima di decidere di stabilirsi nella città che gli aveva dato i natali e che amava, i suoi progetti senza limiti anche ad età avanzata.
Ho pensato a lui in questi giorni per l’approssimarsi del suo compleanno, il 28 agosto, una data impressa nella mente perché per molto tempo gli ho fatto gli auguri personalmente o al telefono. E ricordo che lui spesso ringraziava commentando: “Sono ancora vivo alla faccia di chi mi vuole male”.

Non era un segreto che Tommaso Gismondi percepisse ostilità da parte dei concittadini, ma soprattutto delle “autorità” che, lo diceva sempre, non gli permettevano di realizzare opere per la sua città. Lui che aveva firmato il portale di bronzo nella chiesa più antica di Parigi, a Montmartre, e sculture monumentali a Santo Domingo, in Australia, in Brasile, in Argentina e in molti altri Paesi. Lui che aveva ricevuto nel suo studio, il 31 agosto 1986, Papa Giovanni Paolo II in occasione della visita pastorale del pontefice ad Anagni. Un privilegio riservato a pochi che Gismondi rivendicava con orgoglio e sottolineava con la mega fotografia che ha immortalato il suo abbraccio con Carol Wojtyla in quella speciale occasione, posizionata all’ingresso del museo permanente.
A sedici anni dalla morte, per Anagni il nome di Tommaso Gismondi resta comunque un vanto, sicuramente rivalutato da molti perché il tempo stempera incomprensioni e conflittualità e senza dubbio un punto fermo dell’arte del ventesimo secolo.
Buon compleanno, Maestro. Alla faccia di chi ti ha voluto male.